“Fotografo invece di parlare. Fotografo per non dimenticare. Fotografo per non smettere di guardare”. Parafrasando Daniel Pennac.
Architetto, vivo e lavoro a Treviso.
Il passato
Ho studiato fotografia all’università, nel lontano 1977.
Spesi – ma sarebbe meglio “investii” – il salario di una settimana di lavoro per comprare la mia prima reflex, una Fujica.
In quegli anni partecipai a diversi concorsi fotografici locali e provinciali ottenendo riconoscimenti e qualche denaro (da studente fanno comodo), sviluppando e stampando il bianco e nero da solo, come facevamo in tanti.
Nel 1986, a trent’anni, mi fu commissionato un libro fotografico sul Comune di Caerano di San Marco (TV), poi scritto (nei testi e nella luce) con un collega e stampato in 1500 copie. Esistono tracce di questo testo anche in rete.
Seguirono una mostra fotografica collettiva e alcune video proiezioni pubbliche, realizzate sincronizzando due o più proiettori diapositive con una base musicale: gli albori del multimedia. Poi mi fermai per qualche anno.
Il presente
Per me la fotografia è uno strumento fondamentale di interazione con il mondo: di indagine, di analisi, di memorizzazione. Quando fotografo è come se dialogassi con ciò che vedo attraverso una lingua non parlata. Mi piace poi raccontare con le immagini la mia visione della vita, che credo positiva e ottimista.
I generi che prediligo sono il paesaggio, la foto urbana e di strada, il ritratto ambientato, la fotografia d’arte. La città di Venezia è però la mia amante segreta.